Recensione: Il Potere del Cane, all'amato me stesso
- antoniovalentino5
- 8 mar 2022
- Tempo di lettura: 2 min
Rotten Tomatoes: 94 %
Voto The House: 8.3
Attualmente disponibile su: Netflix

"The Power of the Dog" (2021) é una pellicola disturbante, poiché fa leva su una ribellione al "machismo" così sottile e ironica che non si riesce a comprendere gli inizi e la fine della tragedia euripidea messa in atto. L'uomo che deve ergersi a "golem", a massa informe (e deforme) d'argilla che non possiede nella sua faretra cognizione intellettuale e sensibile, avendo in compenso tutte le dis-fattezze del Maciste corrotto ed abbandonato al suo solipsismo esistenziale. Phil Burbank (Benedict Cumberbatch) è quindi apparentemente la declinazione (nella sua estrema stereotipizzazione) del mito del vecchio, sporco, rude, selvaggio, spietato West.

"Da quali Golia fui concepito così grande, e così inutile?" (Majakovskij V., "All'Amato Me Stesso")
Il cowboy Phil Burbank affascina in maniera subdola, poiché manifesta in Noi il contrasto violento e la spietatezza della morale; occorre percepire un’anima immensa o occorre percepire l'inutilità della sua esistenza? Egli vive ed ha senso nella dicotomia del Mondo, nell'anti-climax ossessionato che si riviene nella ripetizione sacrale e ciclica dei suoi gesti. Egli pare un sacerdote, l'epifania di tutto quel che risulta essere tradizione e conservazione.
Il mito di Bronco Harris (il tema del mito che travalica l'ossessione per divenire pornografia del sentimento) non é che la giustificazione irrazionale della sua declinazione di vita, delle sue scelte e delle sue non scelte.
E nella dicotomia che costantemente pare caratterizzare la regia di Jane Campion, con il passare dei minuti ci accorgiamo di una "terribile" verità: quell'uomo (Phil) é brillante, dannazione se non lo é. É un uomo colto e prigioniero. Ilota di tutto quel che é il suo tempo, servo dei suoi ideali e al contempo oppressore dell'avanzamento delle stagioni.

Jane Campion riesce in un'impresa titanica se si considera l'inizio della pellicola: provare compassione per il personaggio interpretato (magnificamente, l'Oscar sarebbe meritato oltremodo) da Benedict Cumberbatch é la "Forca Caudina" delle nostre anime, condannate ad immedesimarsi con il più debole. Si perché Phil é il golem che si scioglie come l'orma al passare dell'acqua sulla battigia, mentre si fa aguzzino da un lato e castigato dall'altro.
É la duplicitá dell'uomo, il suo essere magnificamente complesso, il suo essere povero e miliardario allo stesso tempo (recita Majakovskij "Che cos'è il denaro per l'anima? Un ladro insaziabile s'annida in essa: all'orda sfrenata di tutti i miei desideri non basta l'oro di tutte le Californie"), il suo essere al contempo balbuziente e poetico (sempre Majakovskij "S'io fossi balbuziente come Dante o Petrarca... Accendere l'anima per una sola, ordinarle coi versi...Struggersi in cenere. E le parole e il mio amore sarebbero un arco di trionfo: pomposamente senza lasciar traccia vi passerebbero sotto le amanti di tutti i secoli"), il suo essere tuono fragoroso e tacito oblío ("O s'io fossi silenzioso, umil tuono... Gemerei stringendo con un brivido l'intrepido eremo della terra... Seguiterò a squarciagola con la mia voce immensa").

É la contraddizione dell'uomo che apparentemente disorienta... solo i manichei. Se "a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio" uno come Phil Burbank dove potrà ficcarsi?
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