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Recensione: Ennio, ovvero il sottofondo delle nostre esistenze

  • antoniovalentino5
  • 2 mar 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

Rotten Tomatoes: n.a.

Voto The House: 9.5

Attualmente disponibile su: Cinema



Ennio é il paradigma delle nostre vite, sempre in bilico tra ciò che siamo, ciò che vorremmo essere e quel che gli altri vorrebbero che noi fossimo.

Ennio Morricone esce dal Documentario di Giuseppe Tornatore come un'artista più complesso e più enigmatico di quel che siamo sempre stati portati a pensare.


Ciò che siamo: le nostre azioni, le nostre estrinsecazioni di volontà, il nostro io empirico.

Ennio era un compositore, il più magnificente che il mondo del Cinema ci abbia mai donato. É la Sua voce, spezzata dall'età tuttavia priva di alcun cenno esteriore di stanchezza, che ci proietta in tutto quel che ha fatto ed in tutte le scelte che non ha preso. Perché la verità é che siamo monadi che esistono in una certa maniera perché non hanno preso altre vie alternative. Siamo solo una delle possibili combinazioni potenziali delle nostre vite. Ennio ne era cosciente e questa struggente fattualità lo ha sempre portato a ritenere che il Suo lavoro fosse estremamente complesso, più di quanto la "Musica Assoluta" volesse fare passare. Se la colonna sonora di un film fosse data in mano a dieci compositori diversi, avremmo dieci musiche di accompagnamento totalmente avulse una dall'altra; Ennio viveva la sua esistenza ricercando quella colonna su dieci che avrebbe portato non solo dignità artistica alle immagini del nastro cinematografico, ma che in qualche maniera avrebbe potuto avvicinare il cinema all'arte suprema e immortale per definizione ontologica, la musica.


Nel trionfo delle sue gesta artistiche si "inseguono" montaggi di film splendidi tra gli anni 60' e gli anni 90', quasi tale montaggio fosse un corto a sè stante, e aneddoti dei suoi rapporti con registi di fama mondiale (toccanti i momenti con Sergio Leone, Bernardo Bertolucci ed Elio Petri). Il tutto é racchiuso dal Suo ghigno, dalla Sua mesta soddisfazione che i registi si accontentassero anche della sua insoddisfazione; ciò che era non abbastanza per vedere la luce secondo i Suoi severissimi standard musicali, era in ogni caso degno di vivere nel Cinema ed, anzi, ha consegnato il compositore ad un successo popolare che lo accompagnerà in eterno.

Ciò che gli altri vorrebbero che noi fossimo: il cordone ombelicale che ci àncora al pensiero e le aspettative di chi ci circondiamo, consapevolmente e non.

L'influsso "petrassiano" (da Goffredo Petrassi, pater musicale di Morricone) per Ennio ha contato enormemente, non tanto nel Suo successo quanto nell'abuso di quest'ultimo. Ennio scrive musica per il cinema, operazione giudicata anti-artistica per eccellenza dai colti della Musica Assoluta. Scrivere per il cinema equivaleva a prostituirsi ad un'arte gerarchicamente surrogata. Ennio ha sempre vissuto l'onta del traditore, additato dalle eccellenze classico-contemporanee di veicolare il proprio talento in un tipo artistico di serie cadetta. La svolta arriva con il grande maestro Leone in "C'era una volta in America" (1984); é qui che Tornatore ci regala l'immagine più elegante dell'intera pellicola. Boris Porena, grande compositore di impostazione classica, nonché compagno di studi di Ennio in Conservatorio, per la prima volta, dopo aver terminato la visione del film in sala, si accorge di essere davanti non ad una semplice e volgare "soundtrack" bensì ad una operazione dai connotati artistici ben precisi. Porena scriverà in una lettera diretta ad Ennio: "Solo chi é dotato di immenso talento musicale può essere capace di comporre qualcosa di simile".


É la riappacificazione di Ennio con il suo passato, la congruenza delle sue due anime, lo scacciapensieri della vergogna. Comporre per il cinema equivale a fare musica (quella reale, quella pura, quella classica) ed a pensarlo sono proprio i detentori dell'apollineo sapere musicale.

E' una ripartenza creativa totale per Ennio, che sentendosi più scevro da imposizioni dittatoriali "pop" dei registi, può finalmente dedicarsi (conscio del suo status riconosciuto dal mondo cinematografico da un lato e da quello della "musica colta" dall'alto) alla Sua libertà di manifestazione musicale e di sperimentazione artistica. Mission, Nuovo Cinema Paradiso, The Hateful Eight sono unicamente gli esempi più fulgidi di un ritorno alle origini per Ennio. La Sua arte non può più essere assunta ad accompagnamento musicale, bensì è totalmente protagonista della pellicola; e tale operazione non viene portata a termine sconfessando l'anima elitaria del suo sapere musicale, tutt'altro.



Tanto che il riscatto del Suo genere più popular (la musica per i western, che Ennio ha sempre tentato di allontanare da sè per paura di essere categorizzato in una res che sentiva non appartenergli, nonostante l'enorme successo) avverrà proprio con Quentin Tarantino nel 2016, il quale lascerà carta bianca al fenomeno creativo di Ennio. Ne scaturirà una soundtrack che nulla avrà a che fare con la "Trilogia del Dollaro" tanto cara a Quentin, e che rappresenta la totale liberazione di Ennio dalla sua ghettizzazione. L’orchestrazione è carica, tesa, fosca, paradigma di una tragedia che va per consumarsi.

È una composizione sinistra e inquietante, con un tema periodico di otto note che appare sin dal primo frame come un presagio ansiogeno ed inevitabile. Non è il "Prelude" del "Tristan und Isolde" di Wagner chiaramente (anche se l'opera di Morricone appare figlia di una certa tensione premonitrice di stampo "wagneriano"), tuttavia è una operazione che mai come in quel momento ha portato ad Hollywood un senso di musica colta e sapiente.



La pellicola di Giuseppe Tornatore è una gioia per gli occhi e per le orecchie; è dotata di un montaggio sorprendente, delle parole e dei silenzi di Ennio stesso e, soprattutto, dell'anima di chi ha vissuto fianco a fianco con il Maestro per gran parte della Sua esistenza.

Che aggiungere, se non che il film pare essere una riflessione su noi stessi, in quanto le composizioni del Maestro sono la colonna sonora delle nostre esperienze, dei nostri ricordi, delle nostre possibili scelte future.



Grazie Giuseppe... e grazie Ennio per essere stato interprete discreto e perito di tutte le cose di cui non sapevo di avere bisogno.

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