Recensione: C'era una Volta in America
- antoniovalentino5
- 9 apr 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 10 apr 2022
Rotten Tomatoes: 87 %
Voto The House: 9,7
Attualmente disponibile su: Amazon Prime Video

C'era una volta in America é un vortice di piani temporali che si intersecano intorno alla figura del gangster Noodles (Robert De Niro). Prima di addentrarsi nell'analisi della pellicola occorre un panegirico a tre incredibili figure che lavorarono alla realizzazione di un film il quale è, all'unanimità, considerato tra i più eminenti paradigmi cinematografici della storia. L'idea di rappresentare il trittico dell'ascesa, dello splendore e dell'oblío del criminale newyorkese in maniera disorganica nacque dalla mente non di uno sceneggiatore, bensì di un montatore, Franco Arcalli (assai noto per la frammentazione temporale delle sequenze di molti titoli di genere e nelle pellicole di Bertolucci e Antonioni dei primi anni 70). La fotografia è del maestro Tonino Delli Colli, il quale seppe rendere, tramite un uso sapiente della luce e delle ombre, le differenti atmosfere delle tre epoche esplorate nel corso del film: gli anni 20' con i colori vivissimi dei luoghi dell'infanzia, il color pastello per il 1933 e, infine, il filtro opaco per le scene del 1968, in un escalation che pare rappresentare la corruzione di Noodles e dei suoi compari. La colonna sonora è composta dalla musica di Ennio Morricone, in uno dei lavori che lo ha riabilitato agli occhi dei grandi musicisti classici, no more words needed.

Sergio Leone, nel suo testamento artistico, porta in scena la favella drogata di un mito ormai scomparso. E lo fa nobilitando l'opera in maniera classica (tramite un manierismo esasperato) e anti-parodica (Hollywood è un mondo ormai decadente e in rovina); il virtuosismo non investe le singole sequenze ma la visione globale e agli stilemi progressisti-naif, Leone sostituisce l'impossibile rincorsa di una pienezza aurea, che conservi il lato nascosto dell'eros romantico e la manifestazione bianca, lucente, marmorea, del classicismo.
I protagonisti della pellicola sono spietati e gravidi di morale; smart guys certamente, falliti con altrettanta fermezza di giudizio (tutti, nessuno escluso). Vediamo Noodles, Max, Patsy, Cockeye e Dominic nel climax ascendente e discendente delle loro esistenze. Crescere, fallire e morire not with a bang but a whimper.

La memoria, i ricordi, i sogni, sono così eterei, così intangibili da essere una fortuna e una mannaia allo stesso tempo. Assistiamo per tutto il tempo al grande inganno della memoria di Noodles; la memoria inganna tutti, senza distinzioni di sorta alcuna.
L' America e i milioni non sono mai esistiti, è stato solo un sogno di fuga dalle nostre miti esistenze. Noodles è un fantasma espressivo e limpidissimo che vaga senza meta nel crepuscolo del mondo. L' America, nel bene e nel male, è solo il nostro modo di vedere le cose. La scelta di Leone è chiara: Noodles, avvicinandosi alla morte, necessita dell'oppiaceo della ricerca del tempo passato, del tempo perduto, del rimorso dilaniante e dell'esperienza del disincanto.

De Niro è macchina attoriale pura; vestito da fioraio, da scalatore delle Ande o da schiavo del deserto, vestito da spadaccino reale e persino da Lawrence D'Arabia in un sogno delle mille e una notte, se la caverà lo stesso: recitare per Bobby è come per noi prendere il treno. Non ci sono difficoltà di sorta e, se anche ci fossero, è sicuro come il morbillo che non appariranno sullo schermo nella forma di incrinature, gementi, rigidità. De Niro è maschera di cera, modellata da Leone per dar vita ad uno dei personaggi più umani (e fallibili) che la storia del Cinema "gangster" ci abbia mai donato.

Il tema principale è il contrasto vivo, carnale, sanguinolento, tra la rappresentazione nuda e spoglia del reale data da Max e l'idea nostalgica derivante dalle rimembranze adolescenziali di Noodles. Tutto il film pare quasi un atto preparatorio del confronto finale tra i due, ormai pronti a dire addio a ciò che resta delle loro vite. I due amici appaiono innamorati ognuno dell'immagine ideale e immutabile dell'altro, in un gioco di seduzione dove vince chi è stato sconfitto dalla vita (ed è un film di soli sconfitti, ergo...). Leone ci ha abituato a scontri finali a colpi di pistola, risolti dal fumo delle pallottole e dagli scalpi apache; ai momenti di interminabile attesa del "triello" ("Il buono, il brutto, il Cattivo" - "Per qualche dollaro in più") si sostituisce qui una guerra dialettica, una danza intellettuale di parole lasciate intendere che penetrano e sorvolano le zone inesplorate del piano del ricordo e del piano del reale. Chi ne esce vincitore è del tutto ininfluente, nella sequenza della vita; è il fallimento dell'uomo, il fallimento dell'America, il fallimento financo del sogno stesso.

Ed infine Noodles che guarda da lontano (distogliendo gli occhi per vergogna o per prolungare l'attesa dal momento della verità) i suoi naufragi, con profonda commiserazione e ardente pentimento. E tutto quello che saremmo potuti essere passa veloce sulle fredde rotaie di una ferrovia che porta il peso di un segreto indicibile. Deborah va via, non vi é lieto fine... il treno non invertirà la sua marcia. Ed il macigno dell'esistenza di ciò che non sarà é un universo che ci spinge solamente a ritirarci in profano silenzio nell'attesa di una nuova disillusione.

E allora appare consolatorio l'ultimo ghigno di De Niro, sopraffatto dai viaggi dell'oppio. Può considerarsi tutta la trama il frutto della sua immaginazione? Non può escludersi, in fondo è stato detto poche righe più sopra, l'America non è reale, è solo il nostro modo di vedere le cose.
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