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La La Land: il dialogo delle anime irraggiungibili. Mia, Sebastian e l'addio mai avvenuto

  • Salvo
  • 29 mar 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

Rotten Tomatoes: 91 %

Voto The House: 8,7

Attualmente disponibile su: Rai Play

Ciò che si narra potrebbe non essere successo mai, o forse si...


L’uomo si affaccendava a riporre dei bicchieri dal bancone, poi versò rapido ma con fare accurato dello schotch a due uomini pigramente appollaiati sul loro sgabello. Che tenerezza fa l’umanità, pensò Sebastian, quando si stringe insieme a condividere la banalità del quotidiano, il cibo, il bere… qualche storia di donne. Ritornò con gli occhi a Mia, guardandola dapprima di sbieco poi puntando come spilli i suoi occhi nei suoi.

- Pensi che ci rivedremo ancora? -, chiese quasi come una preghiera. Lei era la stessa donna, la sognatrice dalla bocca a mandorla da cui succhiare la vita, estrarne l’essenza e costruire sogni, raccontarseli a sera e ... eppure così diversa, quasi estranea, la Sconosciuta! Ripensava a quanto fosse labile una promessa, da difendere a tutti i costi, magari serrandola tra le mani come una farfalla da difendere dal vento; pensava a come ci si sente ad essere farfalla e non poter volare.



- Chi sa, lasciamo fare al destino, in fondo è stato lui a farci incontrare dopo questi anni -, rispose Mia sorridendo mestamente, e i suoi occhi declinarono da quelli di Sebastian indugiando sull’orlo del suo bicchiere. Era quella la coppa della felicità, si chiese, quella che aveva un giorno sognato di bere tra copioni e parole, maschere da indossare, trucco da rimuovere? E l’uomo di fronte a sé, era quell’uomo che aveva accolto i suoi primi passi di danza, il silenzio in cui riposare dopo tanto rumore, il cielo di stelle ferito dall’aurora, l’orizzonte di promesse scrutato al mattino? Com’era strano, ora, parlarsi facendo finta che niente fosse accaduto ed il tempo non fosse un vuoto, quello squarcio, una cicatrice tra lembi di carne sanguinante, ancora viva, ancora palpitante. Una vita abortita, una eventualità per sempre disattesa, progetti accartocciati in un angolo della possibilità e poi quell’incontro a pungere come un rimorso e far riaffiorare il rimpianto per lo scialo di disattenzioni, non curanze, sguardi rivolti altrove.



- No, no -, si ripeté Mia, io ho David adesso, è con lui che ho scelto di vivere, con lui... pensò con decisione ma guardando con tenerezza Sebastian, le sue dita lunghe, da pianista. - Hai realizzato il tuo sogno -, disse infine a Sebastian, quasi fosse un dolce rimprovero. Ma a chi rivolgeva quelle parole, a quell’uomo tanto amato e tanto scordato o alla donna, a lei, che aveva dimenticato che in qualche luogo vi era qualcuno che aspettava e sperava… come lei, come lei si diceva. Ma i giorni che scorrono sono un anestetico, e poi un sonnifero e lentamente si sogna la vita che non si ha il coraggio di vivere e poi, poi si fa finta di essere svegli e non sognare più.



La ragazza del tavolino accanto scoppiò a ridere vedendo la foto tenuta tra le dita ossute del ragazzo, che la mostrava divertito e compiaciuto; appoggiò, infine la testa sulla sua spalla ed un caldo abbraccio la strinse a sé in tanti piccoli baci. Le sciocchezze degli innamorati, pensò Sebastian, come vorrei essere al loro posto... E se le prendessi le mani, anche solo per un attimo? Il pensiero di quelle bianche, palpitanti, colombe tra le sue accese i sensi ma lasciò subito il posto ad una tenue striscia di tenerezza, come asciutta bava di lumaca sotto il sole.



- Si, ho finalmente un locale tutto mio, dove suonare la mia musica, la musica che amo - disse come svegliandosi da un torpore. - Ma anche tu, ormai, beh insomma anche tu sei una stella - aggiunse. E pensò alla fila interminabile di scale musicali, alla corsa su una tastiera bianca e nera, il cuore in gola, a scandire un tempo sempre più veloce, sempre più inquieto. Sarà questione di una giusta declamazione, pensò, di una esatta scansione il segreto della felicità, il trovarsi nel giusto intervallo... chi sa; e immaginò gradini infiniti tesi verso il cielo, attraversare le nuvole, puntare verso il sole. Poi si vide abbracciato a Mia in un salto mortale sospesi al trapezio... no, l’immagine adesso mutava, erano stati una nota stonata di un qualcosa che solo loro avevano suonato, solo loro potevano intendere o, forse, degli uccelli migratori affiancati in un attimo prima di separarsi per mete diverse. Mia, adesso, così reale davanti a sé, poteva essere quella luce intravista nel buio, a portata di mano eppure, eppure così irraggiungibile per tutti quegli anni posti come un invalicabile muro tra giardini adiacenti. Ed ora era tardi, sempre più tardi.

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