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Il Riflesso del Cinema: "Giù la Testa" (Parte 1)

  • Salvo
  • 26 feb 2022
  • Tempo di lettura: 2 min

Rotten Tomatoes: 92 %

Voto The House: 9,3

Attualmente disponibile su: Tim Vision / Amazon Prime Video / Now / Rai Play



... "Giù la testa" (capolavoro western del maestro Leone, 1971) è anche una sommessa meditazione su quanto la sofferenza fisica, specialmente quella inflitta da un’attività umana tra le più spregevoli, la tortura, sia capace di scompaginare la nostra scala di valori, le nostre certezze, la visione delle nostre esistenze. All’interno di una esperienza limite quale può essere una Rivoluzione, combattuta in primis da tutti i Poveri di questa terra e poi dagli Idealisti ed infine dagli Opportunisti, si può osservare (come in un macabro laboratorio) l’abrasione, il pestaggio, il mutilamento, lo smembramento o il disfacimento del corpo umano; tale squarcio psico-fisico è declinato in uno ampio spettro di atteggiamenti che vanno dalla consapevole offerta della propria Vita agli Ideali della Rivoluzione fino al patetico tentativo di sfuggire la morte tradendo sé stessi, i propri amici, la propria Storia.


(Chamber of Torture - Arturo Souto)


Se la nostra simpatia corre immediatamente, per non dire retoricamente, al rivoluzionario fucilato dal Potere, non possiamo che distogliere lo sguardo, e con un certo disagio, da chi tradisce per salvarsi la vita, atteggiamento approssimativamente giudicato umano, troppo umano. Già, ma qual è il prezzo che viene pagato? Chi tortura ha metodi grossolani tuttavia estremamente efficaci per ridurre il torturato a semplice corpo, non più considerato come primo o ultimo bene ma condanna, dannazione, prigione a cui il dolore costantemente rimanda. Distruggere la personalità, le motivazioni politiche e civili, i legami affettivi per decostruire psichicamente il soggetto, questo è il fine del dolore utilizzato dal Potere; tale portata demolitoria si spinge fino all’atto oltraggioso di privarlo anche del linguaggio, ridotto semplicemente a grido animale poiché un grido non offre più distintamente alla coscienza gli oggetti della Realtà alienando, così, la dimensione simbolica di Questa.


(Fucilazione a Roma - Renato Guttuso)


Ci si percepisce, in ultimo, come un semplice lacerto di carne martoriata posto sulla soglia del sub-umano o come un alito di vita che cerca di non spegnersi nel turbine del vento. Nolan (David Warbeck) e Villega (Romolo Valli) rappresenterebbero la parte esecrabile di una storia consegnata perlopiù a luminosi od oscuri atti di eroismo, voluti e non voluti (questi ultimi rappresentano la vis comica di una pellicola altamente drammatica); ma come si può restare indifferenti o, peggio, in atteggiamento di condanna davanti ai loro occhi vuoti, finestre di esistenze nude perché violate nella loro intimità? Come si può restare impassibili dinnanzi alla loro incapacità di proferire lacrime perché troppe ne hanno sparse sotto i colpi violenti dei carnefici, annegati in un mare di vergogna perché si è rinnegato primariamente sé stessi, e, successivamente, la vita dei propri compagni? Ci si chiederebbe, e senza enfasi, quale sarebbe stata la nostra storia se ci fossimo trovati noi al loro posto e ancora, di rimando, e questo è decisamente più difficile, se possa essere ancora possibile stendere un sudario di Pietà anche per l’abietto che stipa le fosse con le fucilazioni di massa.


Il Destino, si sa, è imprevedibile nel suo articolarsi: Villega si riscatterà lanciandosi con un treno e Nolan, piantato come un inflessibile rimorso nel cuore di John, insegnerà a quest’ultimo a non giudicare…


Autore: Salvo



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